Per festeggiare l’inizio della nuova stagione calcistica in Europa, Pizza Hut, storica catena di ristorazione statunitense che ha fatto della pizza il suo principale cavallo di battaglia, ha trasformato le scatole per pizze da asporto in biliardini in miniatura.
Stando alle dichiarazioni della marketing manager dell’azienda, questa iniziativa è in grado di offrire “una fetta in più di divertimento calcistico” ai tifosi, costretti a guardare le partite da casa, oltre che un modo per ricordare agli appassionati che pizza e calcio sono un connubio perfetto!
Ma che cos’è Pizza Hut? Con circa 16.000 punti vendita e la presenza in almeno 100 Paesi nel mondo, Pizza Hut è la catena di pizzerie più grande del mondo.
Il colosso della pizza fu fondato nel giugno del 1958 da due studenti della Wichita State University, in Kansas, i fratelli Dan e Frank Carney, per soddisfare i gusti (spesso bizzarri) degli yankee. La leggenda narra che i due si fecero prestare dalla madre 600 dollari per aprire un piccolo punto vendita proprio a Wichita, dove far gustare agli studenti il prodotto italiano per antonomasia: la pizza.
Un anno dopo, i fratelli aprono il loro primo ristorante in franchising. Nel 1966 se ne contano 145 su suolo americano e nel 1968 conquistano anche il Canada.
Al grido di «We don’t just make pizza. We make people’s days» («Noi non facciamo solo la pizza. Noi vi rendiamo felici»), l’azienda cresce a un ritmo esponenziale, al punto da essere, nel 1971, la più grande catena di pizzerie del mondo, con circa mille ristoranti. Per la prima volta realizza una settimana di vendite da un milione di dollari nel mercato statunitense e nel 1972 viene quotata in borsa a New York.
Nel 1977, con circa 4mila ristoranti all’attivo, Pizza Hut viene comprata da PepsiCo per 300 milioni di dollari, diventando così una divisione del conglomerato globale di bibite e alimenti. Le vendite di quell’anno raggiungono quota 436 milioni di dollari. Il potenziale di questa mossa di mercato risiedeva nelle abitudini degli americani, particolarmente inclini a mangiare fuori casa soprattutto quando entrano in gioco fattori quali la convenienza e la competitività dei prezzi.
Alla fortuna di Pizza Hut ha contribuito sicuramente l’estrema personalizzazione delle pizze proposte che variavano in grandezza e quantità di ingredienti, oltre agli svariati menu all can you eat. Improvvisamente, dagli anni Sessanta in poi, interi nuclei familiari potevano concedersi un pasto fuori in ambienti accoglienti e senza spendere cifre proibitive. Questo accadde per Pizza Hut, per McDonald’s e per tanti altri marchi grazie a mirate operazioni di marketing, standardizzazione del prodotto e fidelizzazione dei clienti. Nel caso di Pizza Hut, lo sfruttamento dell’Italian Sounding ha avuto un ruolo fondamentale nel farla diventare la catena di pizzerie più grande del mondo.
Il 16 maggio del 2002 il gruppo cambia formalmente nome per diventare la Yum! Brands, Inc., società che gestisce o concede in franchising oltre 50mila ristoranti che operano con i marchi KFC, Pizza Hut o Taco Bell in oltre 150 Paesi.
Sullo sfondo delle varie operazioni finanziarie c’è NPC International, il maggiore licenziatario di Pizza Hut negli Stati Uniti, che gestisce oltre 1.200 ristoranti del primo e quasi 400 del secondo. NPC ha con Pizza Hut un rapporto che dura da decenni, avendo aperto il primo locale per il brand nel lontano 1962. NPC è ormai da tempo una delle colonne portanti di Pizza Hut su suolo americano, baluardo che, però, negli anni si è trovata ad affrontare difficoltà crescenti dovute all’aumento dei costi del lavoro e delle materie prime, alla concorrenza e – ultimo, ma non meno importante – alla pandemia di Covid-19.
La notizia, riportata da moltissimi media italiani e stranieri, riguardante il fallimento di Pizza Hut è fuorviante. La verità è che NPC International ha dichiarato bancarotta. La motivazione ufficiale è la crisi generata dalla pandemia di Coronavirus ma già dallo scorso anno Pizza Hut aveva annunciatola riconversione di ben 500 punti vendita in “punti di consegna”. Quello che non è stato chiarito nella stragrande maggioranza degli articoli online è Pizza Hut ha sì dichiarato bancarotta ma chiedendo di poter accedere al famoso Chapter 11, una speciale norma che permette alle aziende di poter garantire il pagamento ai fornitori, sanare i propri debiti, pagare i dipendenti e ristrutturare la propria azienda. Ciò significa che i circa 40.000 dipendenti impiegati negli USA continueranno a ricevere il loro stipendio e i 1200 locali in franchising resteranno ancora aperti.
Quali saranno le mosse future del colosso americano della pizza? Non lo possiamo sapere ma, come altri grandi marchi della ristorazione fast ci insegnano, il segreto per durare nel tempo è modificarsi ed adattarsi alle tendenze del momento, in continua evoluzione!