DA CIBO DEL POPOLO A PATRIMONIO DELL’UNESCO: L’INCREDIBILE STORIA DELLA PIZZA

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Una storia millenaria quella della pizza, tradizione italiana per eccellenza, conosciuta in ogni angolo del mondo. Il suo è un racconto che risale all’alba dei tempi e per qualcuno, tutto ebbe inizio durante il Neolitico, quando l’uomo scoprì la cottura in pietra.

La pizza sembrerebbe inoltre avere influenze orientali: nel Vicino Oriente, gli uomini capirono che cuocere sulla pietra polente di cereali tostati e macinati o di pane azzimo, permetteva di mangiare piatti gustosi e nutrienti.

Grazie poi agli antichi Egizi, scopritori del lievito, la storia della pizza prende davvero il via! Attraverso la lievitazione, gli impasti di cereali schiacciati o macinati diventano, dopo la cottura, morbidi, leggeri, più gustosi e digeribili. E così iniziò a diffondersi il pane.

Una volta inventato il pane, il percorso a tappe della pizza continua nell’antica Roma. Qui, i contadini, dopo aver imparato a mescolare diversi tipi di farro per creare la farina (il suo nome deriva infatti da “far”, che in latino vuol dire proprio farro), la impastano con acqua, erbe aromatiche e sale. Questa focaccia rotonda viene poi messa a cuocere sul focolare, al calore della cenere. Sono dunque stati i romani ad utilizzare veri e propri dischi di pane per contenere pietanze sugose.

Nel VII secolo dopo Cristo, con l’arrivo in Italia dei Longobardi, inizia a circolare un nuovo vocabolo gotico-longobardo: il “bizzo”, talvolta detto “pizzo”, ovvero morso. E così, da morso a boccone, da pezzo di pane a focaccia, il passo è davvero breve!

Verso l’anno Mille, si trovano i primi documenti ufficiali col termine “pizza”, come quelli della Curia Romana del 1300, dove si parla di “pizis” e “pissas” riferendosi ad alcuni tipici prodotti da forno, di quel periodo, nel centro-sud della penisola.

Nel 1535, finalmente, il poeta e saggista Benedetto Di Falco, nella sua “Descrizione dei luoghi antichi di Napoli, dice che la “focaccia in Napoletano è detta pizza”. È ufficiale: l’evoluzione della pizza non solo ha preso inizio ma non si fermerà più! In poco tempo, l’olio d’oliva prende il posto dello strutto, si aggiunge il formaggio e si ritrovano le erbe aromatiche. E così, agli albori del XVII secolo, fa la sua apparizione una ricetta dal maestoso profumo di basilico, la pizza “alla Mastunicola”.

Nel 1600 siamo davvero agli inizi della storia moderna della pizza: una pasta per pane cotta in forno a legna, condita con aglio, strutto e sale grosso, oppure, nella versione più “ricca”, con caciocavallo e basilico.

Con la scoperta dell’America, il pomodoro arriva anche in Italia e tutto prende gusto! Dapprima usato in cucina come salsa cotta con un po’ di sale e basilico, più tardi qualcuno ebbe l’intuizione di utilizzare il pomodoro vero e proprio, inventando così la pizza che conosciamo oggi. La mozzarella arriverà, però, solo nel 1800, secolo in cui la pizza è diffusissima nel popolino, ma non solo: a gustarla volentieri sono anche baroni, principi e regnanti, tant’è che finirà sulle tavolate durante i ricevimenti dei Borboni, mentre Ferdinando IV la farà cuocere nei forni di Capodimonte.

La prima ricetta della pizza è riportata in un trattato dato alle stampe a Napoli nel 1858, che descrive il modo in cui, in quegli anni, si prepara la “vera pizza napoletana”.

Quando la città era ancora la capitale del Regno delle Due Sicilie, Francesco De Bourcard in “Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti” cita perfino una sorta di pizza Margherita ante litteram, con mozzarella e basilico. Il pomodoro è ancora opzionale, mentre per i condimenti si può usare “quel che vi viene in testa”. Ma verso la fine dell’Ottocento, la pizza col pomodoro e mozzarella arriva addirittura in America grazie agli italiani che emigrano a New York e viene fatta esattamente come nel capoluogo partenopeo.

Dopo che i pizzaioli napoletani avevano diffuso svariate qualità di pizza tra la popolazione, si arriva alla sua approvazione ufficiale nel 1889, in occasione della visita a Napoli degli allora sovrani d’Italia: re Umberto I e la regina Margherita. Durante la passeggiata nella città campana, i regnanti furono accolti da Raffaele Esposito, il miglior pizzaiolo dell’epoca che realizzò per loro tre pizze classiche: la pizza alla Mastunicola (strutto, formaggio, basilico), la pizza alla Marinara (pomodoro, aglio, olio, origano) e la pizza pomodoro e mozzarella (pomodoro, olio, mozzarella, origano), realizzata in onore della regina Margherita, i cui colori richiamavano intenzionalmente il tricolore italiano. La sovrana apprezzò così tanto quest’ultima da voler ringraziare ed elogiare l’artefice per iscritto. L’unico modo per contraccambiare il gesto fu quello di dare il nome della regina alla creazione culinaria: “Pizza Margherita”.

Tra Ottocento e Novecento, parlare di pizza è ormai cosa normalissima: ne sono nate varianti di qualsiasi genere, per tutti i gusti. Ad ogni modo, la seconda ondata di diffusione si ha dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando la pizza esce dai confini del meridione d’Italia per sbarcare al nord. Con il boom industriale nel triangolo Milano, Torino e Genova, migliaia di emigranti si spostano, portando con sé gli usi e costumi a loro pertinenti.

Negli anni Sessanta, poi, le pizzerie arrivano praticamente in tutto il Paese e, nel giro di qualche anno, in tutto il mondo: dalla Cina al Medio Oriente, dall’Europa dell’est all’America del Sud. Tutti non sanno più farne a meno. Giustamente, l’arte dei pizzaioli napoletani è stata riconosciuta come patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Difficile immaginare un riconoscimento diverso per un piatto con una storia del genere!

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